Psicologia del Lipedema

Un po’ di tempo fa abbiamo parlato del lipedema come patologia cronica. Le pazienti affette da tale patologia hanno bisogno di un approccio multidisciplinare (vedi articoli precedenti sullo squilibrio ormonale, sulle terapie fisioterapiche e implicazioni mediche). Tuttavia, con gli anni di esperienza, mi sono resa conto di quanto possa essere complicato, estenuante, per una donna, sapere del lipedema e affrontarlo, dal punto di vista emotivo.

Per questo motivo mi sono confrontata con la Dott.ssa Arianna Cappiello, psicologa, che si occupa del supporto psicologico delle donne con lipedema.

Lascio a lei la parola, per entrare in contatto più da “vicino” alla persona e non alla patologia stessa.

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Il lipedema è una patologia cronica caratterizzata da un accumulo abnorme di tessuto adiposo prevalentemente localizzato presso gli arti inferiori. Questo accumulo può causare dolore, edema e facile affaticabilità. Attualmente le cause di questa condizione clinica non sono note.

Nonostante la ricerca stia lavorando per una sua migliore comprensione, una patologia progressiva e potenzialmente invalidante come il lipedema può avere delle ripercussioni significative anche sul versante psicologico.

Tu, prima e dopo la diagnosi di lipedema

Il primo aspetto sul quale è opportuno riflettere è la diagnosi. Il momento della diagnosi è un po’ come la nascita di Cristo: c’è un prima e c’è un dopo. Il prima è spesso caratterizzato da sintomi inspiegabili e da umiliazioni. Le persone, prevalentemente donne, con lipedema arrivano alla diagnosi dopo aver consultato diversi specialisti che non sempre conoscono la patologia. Il rischio è non solo quello di ricevere una errata diagnosi ma anche di essere oggetto di scherno da parte di altri che spesso si mostrano poco empatici. Nonostante l’impegno, le classiche diete e l’esercizio fisico non funzionano e la motivazione che spinge a ricercare un corpo in salute lascia il posto alla frustrazione ed alla confusione. È difficile spiegarsi perché ciò che per gli altri funziona non è efficace per sé. Quando, spesso dopo molti anni, si riceve la diagnosi corretta, si giunge ad una nuova consapevolezza che, tuttavia, non tutti interpretano allo stesso modo.

Per alcuni, sapere di avere una patologia cronica, da’ una nuova spinta al cambiamento: i sintomi prima ignoti hanno senso e, soprattutto, c’è una speranza di poter stare meglio con le opportune terapie.

Per altri la diagnosi è il colpo di grazia. La distanza tra come si è e come si vorrebbe essere diventa incolmabile. La vergogna, la rabbia e la tristezza prendono il sopravvento. Si può arrivare a pensare che la diagnosi sia errata o che sarebbe stato meglio non sapere, non indagare.

La diagnosi, infatti, è la prima tappa di un nuovo percorso volto a contrastare la progressione della patologia. Sebbene i trattamenti attualmente disponibili si dimostrino efficaci nella maggior parte dei casi, essi agiscono sui sintomi e sono di tipo conservativo. Chi ha il lipedema sa che per tutta la vita dovrà prediligere alimenti anti infiammatori, concedersi un’attività fisica costante ma non eccessiva, sottoporsi a bendaggi in alcuni casi dolorosi e, nelle forme avanzate, ad importanti interventi chirurgici. Questi trattamenti non sono né facili da conciliare con la vita lavorativa e sociale né economici. Al pensiero di trovarsi di fronte ad un percorso tutto in salita, ci si può sentire scoraggiati e demotivati.

Io, il mio corpo e gli altri

Un altro elemento che complica il processo di accettazione del lipedema è di tipo relazionale. L’accumulo di tessuto adiposo è evidente e può causare uno squilibrio nella forma del corpo tra parte superiore ed inferiore. Nello specifico, le braccia e la vita sono più piccole delle gambe e dei polpacci. Questa evidenza può rappresentare un ostacolo alla socializzazione. Alcuni luoghi, come la spiaggia e la piscina, sono affrontati con estrema ansia o addirittura evitati. La persona può avere difficoltà a rapportarsi con gli altri, socializzare e stringere relazioni intime. In pubblico ci si sente osservati e, spesso, si è anche presi in giro apertamente. Le difficoltà possono estendersi al rapporto con sé stessi e con il proprio corpo.

Disturbi dell’umore e dell’alimentazione, oltre che Dismorfofobia, sono spesso in comorbidità con il lipedema.

Alla luce di queste considerazioni, è evidente come il lipedema abbia un impatto significativo anche sul versante psicologico. Quando si vive una difficoltà di questo tipo, l’unica strada possibile per conservare la salute mentale è l’accettazione. Accettare non significa rassegnarsi ma fare spazio al proprio scarto di realtà ed al conseguente dolore senza incolparsi o criticarsi.

Rimanere ancorati al presente, alle cose che si percepiscono come veramente importanti ed a quelle sulle quali è possibile apportare delle modifiche concrete, aiuta ad attraversare e ad accettare il dolore emotivo.

Dott.ssa Arianna Cappiello, psicologa

Curatrice Rubrica  Nutrizione – Dott.ssa Lucia Palmieri

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