La tenosinovite stenosante: cause e rimedi

La TENOSINOVITE STENOSANTE, più comunemente conosciuta come “dito a scatto” è una patologia cronica che colpisce le dita della mano e in particolare i tendini dei muscoli flessori delle dita e le guaine sinoviali che li rivestono.

È causata da un processo infiammatorio che colpisce le guaine sinoviali all’interno delle quali scorre il tendine. L’infiammazione determina un restringimento della zona di passaggio del tendine che può rimanere bloccato durante il suo movimento (fig. 1).

Tra gli altri possibili sintomi ricordiamo:

  • dolore,
  • caratteristico suono (click) quando il dito si sblocca,
  • limitazione del movimento (più frequentemente nelle prime ore del mattino).

Le dita maggiormente colpite sono: il pollice, il medio, l’anulare della mano dominante, anche se entrambe le mani possono essere interessate. Può venire coinvolto un solo dito o più di uno.

Questa condizione può verificarsi in entrambi i sessi e a qualsiasi età ma è più frequente nelle donne tra la quinta e la sesta decade di vita. Oggi il dito a scatto è una patologia che colpisce anche i più giovani.

I principali indiziati della sua diffusione?

I dispositivi elettronici con touch screen come smartphone e tablet.

La patologia del dito a scatto può presentarsi in forma

  • primaria, cioè in maniera isolata in una persona altrimenti sana,
  • secondaria, associata ad altre patologie già presenti.

In questo secondo caso si manifesta più frequentemente in persone che soffrono di: diabete, sindrome del tunnel carpale, artrite reumatoide, ipotiroidismo, amiloidosi, patologie renali, tenosinovite di De Quervain.

Tra i fattori di rischio più comuni ricordiamo l’esecuzione frequente e ripetuta di movimenti di flessione delle dita, di prensione e l’utilizzo di strumenti manuali. Le categorie professionali più a rischio sono quindi rappresentate, ad esempio, da musicisti, falegnami e giardinieri.

Talvolta è anche possibile apprezzare un nodulo doloroso alla base del dito colpito che è il risultato dell’infiammazione e del gonfiore delle strutture coinvolte (fig. 2).

Con il progredire della patologia il dito, in seguito alla sua flessione, può rimanere bloccato in posizione piegata per raddrizzarsi poi improvvisamente nel momento in cui la forza sviluppata dai muscoli estensori superi l’ostacolo dato dal blocco del tendine. Nei casi più gravi può risultare difficile raddrizzare il dito al punto da dover ricorrere all’utilizzo dell’altra mano per aiutarsi a riportarlo in posizione estesa.

Solitamente la diagnosi è facile e viene formulata sulla base della classica presentazione del dito bloccato in flessione o, nelle fasi più precoci, dalla presenza di rigidità e schiocchi durante l’esecuzione dei movimenti.

L’esame fisico della mano permette di evidenziare la rigidità dei movimenti, la presenza di blocchi ed eventualmente di noduli. Risulterà allo stesso modo molto importante l’anamnesi, cioè la raccolta della storia clinica del paziente, che sarà improntata soprattutto a ricercare i fattori di rischio e patologie concomitanti che potrebbero essere determinanti nell’inquadramento delle forme secondarie (fig. 3).

L’esame radiografico è necessario per escludere che possano esservi cause ossee al “blocco” dello scorrimento dei tendini. Un esame ecografico può svelare nelle fasi iniziali la semplice tenosinovite. Il trattamento del dito a scatto si differenzia a seconda della gravità della condizione e varia da un iniziale approccio conservativo fino all’intervento chirurgico nei casi più gravi. Nelle fasi iniziali il dolore può essere tenuto sotto controllo grazie all’utilizzo di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS).

È consigliato evitare di svolgere i movimenti che favoriscono l’insorgenza del dolore, per questo motivo il paziente può trarre giovamento dall’utilizzo di uno splint, che consiste in un apposito tutore in grado di mantenere il dito in posizione estesa. Lo scopo di questa procedura è quello di evitare che la frizione determinata dal continuo movimento del tendine all’interno della sua guaina sinoviale contribuisca ad alimentare l’infiammazione e quindi il dolore (fig. 4a – 4b).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si consiglia la terapia fisica e riabilitativa, previo parere dello specialista di riferimento come, ultrasuoni, laserterapia, tecarterapia, associati a manipolazioni ed esercizi manuali (fig. 5).

 

 

 

 

 

 

 

L’intervento chirurgico è il più invasivo approccio disponibile nella terapia del dito a scatto, ma garantisce un’elevata probabilità di successo nella risoluzione del disturbo; viene preso in considerazione se e quando l’approccio conservativo non abbia avuto successo e persista un’oggettiva impossibilità di tenere sotto controllo il dolore o nei casi in cui il blocco risulti essere irreversibile (fig. 6).

Dott.ssa Marianna Abate – Fisioterapista

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